par.128
Vedere addunque dovevi amore essere una passione accecatrice dello animo, disviatrice dello 'ngegno, ingrossatrice, anzi privatrice
della memoria, discipatrice delle terrene facultà, guastatrice delle forze del corpo, nemica della giovineza e della vecchieza
morte;
genitrice de' vizii e abitatrice de' vacui petti; cosa senza ragione e senza ordine e senza stabilità alcuna;
vizio delle menti non sane e sommergitrice dell'umana libertà.
par.129
O quante e quali cose sono queste da dovere, non che i savii,
ma gli stolti spaventare! Vien teco medesimo rivolgendo l'antiche istorie e le cose moderne e guarda di quanti mali, di quanti
incendii, di quante morti, di quante disfacimenti, di quante ruine et esterminazioni questa dannevole passione è stata cagione!
par.130
E una gente di voi miseri mortali, tra i quali tu medesimo, avendo il conoscimento gittato via, il chiamate Iddio, e quasi
a sommo aiutatore ne' bisogni, li fate sacrificio delle vostre menti e divotissime orazioni li porgete! La qualcosa quante
volte tu hai già fatto o farai, tante ti ricordo, se da te, uscito forse del diritto sentimento, nol vedi tu che tu a Dio
e a' tuoi studii e a te medesimo fai ingiuria.
par.131
E, se le dette cose esser vere la tua filosofia non ti mostrasse , né a memoria ti ritornasse la sperienza la quale di gran
parte di quelle in te medesimo veduta hai, le dipinture degli antichi tel mosterranno, le quali lui per le mura, giovane,
ignudo, con ali e con occhi velati e arciere,
non sanza grandissima cagione e significazione de' suoi effetti, tutto 'l dì vi dimostrano.
par.132
Dovevanti, oltre a questo, li tuoi studii mostrare,
(e mostrarono se tu l'avessi voluto vedere) che cose le femine sono; delle quali grandissima parte si chiamano e fanno chiamare
donne,
e pochissime se ne truovano.
par.133
La femina è animale imperfetto, passionato da mille passioni spiacevoli, e abbominevoli pure a ricordarsene,
non che a ragionarne: il che se gli uomini raguardassono, come dovessono, non altrimenti andrebbono a loro, né con altro diletto
o apetito, che all'altre naturali e inevitabili opportune cose vadano; il luogo delle quali, posto giù il superfluo peso,
come con istudioso passo fuggono, così loro fuggirebbono, quello avendo fatto per che la deficiente umana prole si ristora;
sì come ancora in ciò tutti gli altri animali, molto meglio che gli uomini, fanno.
par.134
Niuno altro animale è meno netto di lei; non il porco, quale ora è più nel loto,
aggiugne alla bruttezza di lei. E, se forse alcuno questo negasse, riguardinsi i parti loro, ricerchinsi i luoghi secreti
dove esse,
vergognandosene, nascondendo gli orribili strumenti li quali a tor via li loro superflui umori adoperano.
par.135
Ma lasciamo stare quel che a questa parte appartiene; la quale esse ottimamente sappiendo, nel secreto loro hanno per bestia
ciascuno uomo che l'ama, che le disidera o che le segue; e in sì fatta guisa ancora la sanno nascondere che da assai, stolti
che solamente le croste di fuori raguardano, non è conosciuta né creduta; senza che, di quelli sono che, bene sappiendolo,
ardiscono di dire ch'ella è lor pace, e che questo e quello farebbono e fanno;
li quali per certo non sono da essere annoverati tra gli uomini.
par.136
E vegnamo all'altre loro cose o ad alcuna di quelle;
per ciò che volere dire tutto non ne basterebbe l'anno, il quale è tosto per entrare nuovo.
Esse, di malizia abbondanti, la qual mai non supplì, anzi sempre acrebbe difetto, considerata la loro bassa e infima condizione,
con quella ogni sollecitudine pongono a farsi maggiori.
par.137
E primieramente alla libertà degli uomini tendono i lacciuoli, sé, oltre a quello che la natura ha loro di bellezza o d'apparenza
prestato, con mille unguenti e colori dipingnedo; e or con solfo e quando con acque lavorate e spessissimamente co' raggi
del sole i capelli, neri dalla cotenna produtti, simiglianti a fila d'oro fanno le più divenire; e quelli, ora in treccia
di dietro alle reni e ora sparti su per li omeri ora alla testa ravvolti, secondo che più vaghe parer credono, compongono;
par.138
e quinci con balli e talor con canti, non sempre ma talor mostrandosi, i cattivelli, che attorno vanno, avendo nell'esca nascosto
l'amo, prendono senza lasciare.
E da questo quella e quell'altra e infinite di costui e di colui e di molti divengono mogli; e di troppa maggior quantità
amiche.
par.139
[Esposizioni par.30]
E, parendo loro essere salite un alto grado,
quantunque conoscano sé essere nate a essere serve, incontanente prendono speranza e aguzano i disideri alla signoria;
e, faccendosi umili, obbedienti e blande, le corone, le cinture, i drappi ad oro, i vai, i molti vestimenti e gli altri ornamenti
varii, de' quali tutto dì si vegon splendenti, dai miseri mariti impetrano; il quale non s'accorge tutte quelle essere armi
a combattere la sua signoria e vincerla.
par.140
Le quali, poi che le loro persone e le loro camere, non altrimenti le reine abino, veggiono ornate e i miseri mariti allacciati,
subitamente dall'essere serve divenute compagne, con ogni studio la loro signoria s'ingegnano d'occupare.
par.141
[Esposizioni par.35]
E, volendo singulare esperienza prendere, se donne sono nelle case, in sul far male arditamente si mettono argomentando che,
se quello è a lei sofferto che non sarebbe sofferto alla serva, chiaramente può conoscere sé donna e signoreggiante.
par.142
E primieramente alle fogge nuove, alle leggiadrie non usate,
anzi lascivie, e alle disdicevoli pompe si danno; e a niuna pare essere bella né ragguardevole,
se non tanto quanto ella ne' modi, nelle smancerie e ne' portamenti somigliano le piuviche meretrici;
le quali tanti nuovi abiti né disonesti possono nella città arrecare, che loro tolti no sieno da quelle
che gli stolti mariti credono esser pudiche; li quali, avendo male i loro danari spesi, acciò che gittati non paiano,
queste cose nelle dette maniere lasciano usare, senza guardare in che segno debba ferire quello strale.
par.143
[Esposizioni par.35]
Come esse da questo fiere nelle case divengano, i miseri il sanno, che 'l pruovano: esse, sì come rapide e fameliche lupe,
venute ad occupare i patrimoni, i beni e le riccheze de' mariti, or qua or là discorrendo, in continui romori co' servi,
colle fanti, co' fattori, co' frategli, e figliuoli de' mariti medesimi stanno, mostrando sé ténere riguardatrici di quelli,
dove esse discipatrici disiderano d'essere; senza che, acciò che ténere paiono di coloro de' quali esse hanno poca cura, mai
ne'
lor letti non si dorme: tutta la notte in litigi trapassa e in questioni, dicendo ciascuna al suo:
par.144
[Esposizioni par.30]
«Ben veggio come tu m'ami: ben sarei cieca se io non m'accorgessi che altri t'è all'animo più ch'io. Credi tu ch'i' sia abbagliata,
e ch'io no sappia a cui
tu vai dietro, a cui tu vuogli bene e cui tu tutto 'l dì favelli? Ben so bene: io ho migliori spie che tu non credi. Misera
me!
Ché è cotanto tempo ch'io ci venni, e pure una volta ancora non mi dicesti quando al letto mi vengo: 'Amor mio, ben sia venuta!'.
Ma, alla croce di Dio, io farò di quelle a te che tu fai a me.
par.145
Or son io così sparuta? Non son io così bella come la cotale?
Ma sai che ti dico? chi due bocche bacia l'una convien che gli puta. Fatti in costà: se Dio m'aiuti, tu no mi toccherai:
va' dietro a quelle di che tu se' degno; ché certo tu non eri degno d'avere me; e fai ben ritratto di quel che tu se'.
Ma a fare a far sia.
par.146
Pensa che tu non mi ricogliesti del fango; e Dio il sa chenti e quali erano quelli che se l'arebbono
tenuto in grazia d'avermi presa senza dote, e sarei stata donna e madonna d'ogni lor cosa: e a te diedi cotante centinaia
di
fiorini d'oro, né mai pur d'un bicchiere d'acqua non ci poté esser donna, senza mille rimbrotti de' frateti e de' fanti tuoi:
basterebbe, s'io fossi la fante loro! E' fu bene la mia disaventura ch'io mai ti vidi: che fiaccar possa la coscia chi prima
ne fece parola!».
par.147
E con queste e con molte simili e più altre assai più cocenti, senza niuna legittima o giusta cagione avere,
tutte la notta tormentano i cattivelli: de' quali infiniti sono, che cacciano chi'l padre, chi il figliuolo; chi da' fratelli
si
divide; e quali né la madre né 'l padre casa si vogliono vedere; e lascia il campo solo alla vittrice donna.
par.148
[Esposizioni parr.36-37]
Le quali, poi che
espedita la possessione vegono, tutta la sollecitudine alle ruffiane e agli amanti si volge. E sieti manifesto che colei,
che in questa moltitudine più casta e più onesta ti pare, vorrebbe avanti solo uno occhio avere che esser contenta solo d'uno
uomo;
e, se forse due o tre ne bastassero, sarìe qualche cosa; e forse sarìa tolerabile se questi due o tre avanzassero i mariti,
o fossero almen loro pari.
par.149
La loro lussuria è focosa e insaziabile; e per questo non patisce né numero né elezione:
il fante, il lavoratore, il mugnaio e ancora il nero etiopo, ciascuno è buono, sol che possa.