Trattatello (I edizione)
Oh fatica inestimabile, avere con così sospettoso animale a vivere, a conversare, e ultimamente ad invecchiare o morire! Io voglio lasciare stare la sollecitudine nuova e gravissima, la quale si conviene avere a’ non usati ( e massimamente nella nostra città), cioè onde vengano i vestimenti gli ornamenti e le camere piene di superflue delicatezze, le quali le donne si fanno a credere di essere al ben vivere opportune;: onde vengano li servi , le serve, le nutrici, le cameriere; onde vengano i conviti, i doni, i presenti che fare si convengano a’ parenti delle novelle spose, a quegli che vogliono che esse credano da loro essere amate; e appresso queste, altre cose assai prima non conosciute da’ liberi uomini; e venire a cose che fuggir non si possono. Chi dubita che della donna sua, che ella sia bella o non bella, non caggia il giudicio nel vulgo? Se bella fia reputata, chi dubita che essa subitamente non abbia molti amadori, de’ quali alcuno con la sua bellezza, altri con la sua nobiltà, e tale con meravigliose lusinghe , e chi con doni, e quale con piacevolezza infestissimamente combatterà il non stabile animo? E quel, che molti desiderano, malagevolmente da alcuno si difende, e alla pudicizia delle donne non bisogna d’essere presa più che una volta, a fare sé infame e i mariti dolorosi in perpetuo. Se per isciagura di chi a casa la si mena, fia sozza, assai aperto veggiamo le bellissime spesse volte e tosto rincrescere, che dunque dall’altre possiamo pensare, se non che, non che esse, ma ancora ogni luogo nel quale esse sieno credute trovare da coloro , a’ quali sempre le conviene aver per loro, è avuto in odio? Onde le loro ire nascono, né alcuna fiera è né tanto crudele quanto la femina adirata, né può viver sicuro di sé , chi sé commette ad alcuna, alla quale aia con ragione esser crucciata; che pare a tutte.
Che dirò de’ loro costumi? Se io vorrò mostrare come e quanto essi sieno tutti contrarii alla pace e al riposo degli uomini, io tirerò in troppo lungo sermone il mio ragionare; e però uno solo, quasi a tutte generale, basti averne detto. Esse imaginano il bene operare ogni menomo servo ritener nella casa, e il contrario fargli cacciare; per che estimano, se ben fanno, non altra sorte esser la lor che d’un servo: per che allora par solamente loro esse donne, quando, male adoperando, non vengono al fine che’ fanti fanno. Per che voglio io andare dimostrano particolarmente quello che gli più sanno? Io giudico che sia meglio il tacersi che dispiacere, parlando, alle vaghe donne. Chi non sa che tutte l’altre cose si pruovano , prima che colui ,di cui debbono essere, comperate, le prenda, se non la moglie, acciò che prima non dispiaccia che sia menata? A ciascuno che le prende, la conviene avere non tale quale egli la vorrebbe, ma quale la Fortuna gliele concede. E se le cose che di sopra son dette son vere (che il sa che provate l’ha), possiamo pensare quanti dolori nascondano le camere, li quali di fuori, da chi non ha occhi la cui perspicacità trapassi le mura, son reputati diletti. Certo io non affermo queste cose a Dante essere avvenute, chè nol so; come che vero sia che. O simili cose a queste, o altre che ne fosser cagione, egli, una volta da lei partitosi, che per consolazione de’ suoi affanni gli era stata data, mai né dove ella fosse volle venire, né sofferse che là dove egli fosse ella venisse giammai; con tutto che di più figliuoli egli insieme con lei fosse parente. Né creda alcuno che io per le su dette cose voglia conchiudere gli uomini non dover torre moglie; anzi il lodo molto, ma non a ciascuno. Lascino i filosofanti lo sposarsi a’ ricchi stolti, a’ signori e a’ lavoratori, e essi con la filosofia si dilettino, molto migliore sposa che alcuna altra.
Trattatello (II edizione)
Agro e valido nemico degli studii è amore, come veramente testificar può ciascuno che a tal passione è soggiaciuto; perciò che, poi che con lusinghevole speranza ha tutta la mente occupata di chi nel principio non l’ha con forte resistenza scacciato, niun pensiero, niuna meditazione, niuno appetito in quella patisce che stea se non quelle sole, le quali esso medesimo vi reca; e chenti queste sieno e come contrarie allo specular filosofico o alle poetiche invenzioni, sì manifesto mi pare, che superfluo esimo sarebbe metterci tempo a più chiarirlo.
A questo stimolo un altro forse non minore se n’aggiunse; perciò che, poi che, allenate le lagrime della morte di Beatrice, diede agli amici suoi alcuna speranza della sua vita, incontanente loro entrò nell’animo che, dandogli per moglie una giovane, colei del tutto se ne potesse cacciare, che, benché partita del mondo fosse, gli avea nel petto la sua imagine lasciata perpetua donna : e, lui a ciò inclinato , senza alcuno indugio misero ad effetto il lor pensiero.
Saranno per avventura di quegli che laudevole diranno cotal consiglio; e questo avverrà perché non considereranno quanto pericolo porti lo spegnere il fuoco temporal con l’eterno. Era a Dante l’amore, il quale a Beatrice portava, per lo suo troppo focoso desiderio spesse volte noioso e grave a sofferire; ma pur talvolta alcun soave pensiero, alcuna dolce speranza, qualche dilettevole imaginazion ne traeva; dove della compagnia della moglie, secondo che coloro afferman che ‘l provano, altro che sollecitudine continua e battaglia senza intermession non si trae. Ma lasciamo star quello che la moglie in qualunque meccanico posso adoperare, e a quel vegniamo che la presente materia richiede.
Quanto le moglie sieno nemiche degli studii assai leggiermente puote apparire a’ riguardanti. Rincresce spesse volte a filosofanti la turba volgare: per che, da essa partendosi [alcuno] e raccoltosi in alcuna solitaria parte della sua casa, sé sopra sé con la considerazion trasportando, talvolta ragguarda quale spirito muove il cielo, onde venga la vita agli animali, quali sieno consistoro de’ filosofi mischiatosi col pensiero, con Aristorile, con Socrate, e con Platone e con gli altri disputerà della verità d’alcuna conclusione acutissimamente; e spesse fiate con sottilissima meditazione se ne entrerà sotto la corteccia d’alcuna poetica fizione, e, con grandissimo suo piacere, quanto sia diverso lo ‘ntrinseco dalla crosta riguarderà. Né fia che non avvenga, quando vorrà, che gl’imperadori eccelsi, i potentissimi re e prencipi gloriosi con lui ragionino de’ governatori publici, dell’arti delle guere e de’ mutamenti della Fortuna. Alle quali eccelse e piacevoli cose sopraverrà la donna e, cacciata vila la contemplazion laudevole e tanta e tal compagnia, biasimerà il suo star solitario e ‘l suo pensiero, e spesse volte, sospicando, dirà questo non solergli avvenire avanti che ella a lui venisse, e pessimamente contento. E, postasi quivi a sedere, non prima si leverà che, esaminati i pensieri del marito, lui di piacevolissima considerazione in noiosa turbazione avrà recato. Che dirò dell’odio ch’elle portano a’ libri, qualora alcuno ne veggiono aprire? che delle notturne vigilie, non solamente utili, ma oportune agli studianti? Tutto a’ suoi diletti quel tempo esser tolto, lagrimando, confermano. Lascio le notturne battaglie, li loro costumi gravi a sostenere, la spesa inestimabile che nelli loro ornamenti, richeggiono: tutte cose, quanto esser possono, avverse a’ contemplativi pensieri. Che dirò se gelosia v’interviene? che, se cruccio che per lunghezza si converta in odio? Io corro troppo questa materia, perciò che bastar dee agl’intendenti averne superficialmente toccato. Ma, chenti che l’altre si sieno, acciò che io quando che sia mi riduca al proposito, tal fu quella che a Dante fu data, che, da lei una volta partitosi, né volle mai dove ella fosse tornare, né che ella andasse là dove egli fosse. Né creda alcuno che io per le su dette cose voglia conchiuder gli uomini non dover torre moglie; anzi il lodo, ma non a tutti. I filosofanti, che ‘l mio giudicio in questo seguiteranno, lasceranno lo sposarsi a’ ricchi stolti e a’ signori e similmente a’ lavoratori; e essi con la filosofia si diletteranno, molto più piacevole e migliore sposa che alcuna altra.